Nota 75
Farmaci per la disfunzione erettile:
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La prescrizione di inibitori della PDE5 (avanafil, sildenafil, tadalafil, vardenafil) a carico del SSN è limitata ai pazienti con disfunzione erettile neurogena da lesione incompleta del midollo spinale o del plesso pelvico, di origine traumatica, infiammatorio/degenerativa o iatrogena (in seguito a chirurgia o radioterapia della regione pelvica), secondo un piano terapeutico redatto da specialisti (andrologo, endocrinologo, neurologo, urologo) afferenti al SSN. La prescrizione di alprostadil per iniezione intracavernosa a carico del SSN è limitata ai pazienti con disfunzione erettile da lesioni complete del midollo spinale, e ai pazienti con disfunzione erettile neurogena da lesione incompleta del midollo spinale o del plesso pelvico qualora vi sia mancata risposta, intolleranza o contro-indicazione agli inibitori della PDE5, secondo un piano terapeutico redatto da specialisti (andrologo, endocrinologo, neurologo, urologo) afferenti al SSN. |
Background
La disfunzione erettile (DE) è stata definita dal National Institute of Health come l’incapacità di raggiungere e/o mantenere un’erezione di grado sufficiente a consentire un rapporto sessuale soddisfacente. La DE presenta una patogenesi complessa e multifattoriale, nella maggior parte dei casi può rappresentare la prima manifestazione di importanti condizioni cliniche sistemiche quali patologie aterosclerotiche, metaboliche e neurologiche. L’erezione peniena è, infatti, un fenomeno neurovascolare costituito da due meccanismi neurogeni: l’erezione psicogena, iniziata nei centri sovraspinali (plesso toraco-lombare T11-L2) in risposta a stimoli visivi, uditivi, olfattivi ed immaginari, mediata da stimoli autonomici, e l’erezione riflessa, favorita da stimolazioni tattili dei genitali e mediata dall’arco riflesso spinale costituito da fibre afferenti somatiche ed efferenti parasimpatiche (plesso sacrale S2-S4). Il sistema nervoso autonomico, modulando il rilassamento delle fibre muscolari lisce intracavernose, riveste un ruolo fondamentale nell’inizio e nel mantenimento dell’erezione, mentre il sistema nervoso periferico è necessario per la percezione degli stimoli sensitivi, per il completamento della rigidità peniena, determinando la contrazione dei muscoli ischio e bulbocavernoso, e per il controllo dell’eiaculazione. Lesioni che coinvolgono il midollo spinale o il plesso pelvico possono pertanto compromettere la funzione erettile. La causa più frequente di lesione midollare, oltre all’origine traumatica, è quella infiammatoria (sclerosi multipla, neuromieliti, mieliti ecc). Anche le neuropatie periferiche del plesso pudendo (poliradicolonevriti) possono essere a patogenesi infiammatoria. In caso di lesione midollare, il grado e la durata della DE dipendono dall’entità della lesione, completa o incompleta, e dal suo livello neurologico prossimo-distale.
Una particolare forma di disfunzione erettile da neurolesione, di importante impatto sociale e clinico, è quella iatrogena da chirurgia pelvica o da terapia radiante. Infatti, la DE conseguente a prostatectomia radicale (RP) o radioterapia pelvica è largamente la più frequente tra le DE iatrogene, con prevalenze in letteratura estremamente variabili, tra 25 e 75% a seconda delle casistiche (1-3); il tipo di procedura chirurgica e la sua complessità, l’età e la presenza di eventuali comorbidità sono considerati i maggiori determinanti dell’insorgenza di DE post-RP. La letteratura è più incerta sulle possibilità di recupero completo della funzione sessuale in questi pazienti (se cioè la patologia vada considerata permanente o transitoria): in uno studio su 435 pazienti con DE sottoposti a RP per via retropubica, la percentuale di recupero della funzione sessuale a tre anni era del 58%, maggiore nei trattati con inibitori della fosfodiesterasi-5 (PDE5i) rispetto ai non trattati (73 vs 37%) (4). In un altro studio, la percentuale di pazienti che ritornavano ad erezioni spontanee dopo 18 mesi era compresa tra 7 e 49% a seconda del tipo di intervento eseguito (5). Lo studio con la casistica maggiore (901 pazienti sottoposti a prostatectomia, 286 sottoposti a radioterapia) e con follow-up più esteso ha riportato una prevalenza di DE intorno al 70% a cinque anni dalla procedura (6). Questi risultati da studi epidemiologici e di intervento portano a ritenere che in una percentuale non trascurabile di pazienti sottoposti a chirurgia o radioterapia pelvica, la DE possa permanere a lungo nel tempo e non costituire quindi un disturbo transitorio.
Evidenze disponibili
Il trattamento farmacologico della disfunzione erettile è ad oggi basato sull’utilizzo degli inibitori della 5-fosfodiesterasi (PDE5i: sildenafil, tadalafil, vardenafil, avanafil) che, somministrati per via orale, sono in grado di indurre l'erezione promuovendo l'afflusso di sangue al pene, in seguito a stimolazione sessuale (7-8). Il meccanismo d’azione di tali farmaci prevede l’inibizione dell’enzima che degrada il cGMP che a sua volta causa una riduzione del calcio citoplasmatico e quindi un rilassamento delle fibre muscolari lisce dei corpi cavernosi, con conseguente erezione. Gli PDE5i non agiscono sul desiderio sessuale, aumentano la durata e l’entità della risposta erettile, ma non sono in grado di indurre un’erezione in assenza di stimoli adeguati. L’aumento di cGMP, infatti, si verifica solo a seguito di eccitazione sessuale, di tipo centrale o riflesso, ed è mediato dal rilascio di ossido nitrico dai terminali nervosi (9). Il primo PDE5i ad essere immesso in commercio nel 1998 è stato il sildenafil, successivamente sono stati commercializzati il tadalafil e il vardenafil e, più recentemente, l’avanafil. In virtù della loro efficacia e della loro tollerabilità, le principali linee-guida in materia (8; 10) concordano nell’indicare i PDE5i come trattamento di prima linea (livello di evidenza 1a; forza della raccomandazione A) per il trattamento della DE. Secondo quanto raccomandato dalle stesse linee-guida dell’European Association of Urology (8) sildenafil, tadalafil, vardenafil, avanafil sono ugualmente efficaci nel trattamento della disfunzione erettile con un livello di evidenza 1a (trial clinici controllati randomizzati di grandi dimensioni o meta-analisi di più RCTs + panel consensus) e la scelta del trattamento dipende dalle caratteristiche del paziente e dalle caratteristiche farmacocinetiche del farmaco, con la possibilità di titolare la dose del farmaco sulla base di efficacia e la tollerabilità individuale. Numerosi studi clinici primari (11-28) e diverse revisioni sistematiche e meta-analisi (29-32) hanno confrontato i diversi inibitori della PDE-5. Tuttavia, sulla base delle evidenze attualmente disponibili, non ci sono prove sufficienti per sostenere la superiorità di uno specifico inibitore della PDE-5 rispetto a un altro e anche là dove venissero riportate differenze significative tra i trattamenti si trattava per la maggior parte di valutazioni di preferenza o di aderenza al trattamento con endpoint primari di efficacia correlati maggiormente a fattori di tipo psico-sociale che di efficacia clinica (13,14,24). La scelta dovrebbe essere basata su preferenze personali, facilità d'uso, e profilo di sicurezza.
Nei soggetti che, pur in presenza di lesioni spinali incomplete, non rispondono in maniera adeguata alla terapia con PDE-5i, l’alternativa terapeutica è rappresentata dalla somministrazione intracavernosa di prostaglandina PGE1 (alprostadil), che attiva direttamente la produzione di cAMP a livello della cellula muscolare liscia dei corpi cavernosi, inducendone il rilassamento e, quindi, l’erezione. La somministrazione intracavernosa di sostanze che inducono l’erezione è estremamente efficace e le percentuali di successo risultano superiori al 70% (7). Nei pazienti con DE da lesione midollare completa, traumatica o degenerativo/infiammatoria, che, secondo l’American Spinal Injury Association (ASIA), corrisponde a “nessuna funzione motoria o sensitiva preservata a livello sacrale S4-S5” (33), l’unica opzione terapeutica è costituita da alprostadil per iniezione intracavernosa.
Particolari avvertenze
I PDE5i sono farmaci generalmente ben tollerati: i principali effetti collaterali riportati sono generalmente transitori e di intensità lieve-moderata (cefalea, flushing al volto, dispepsia). Controindicazioni assolute all’impiego di PDE5i sono la contemporanea assunzione di nitroderivati, l’anamnesi positiva per neuropatia ottica ischemica anteriore non artritica o disturbi ereditari degenerativi della retina (es. retinite pigmentosa), la grave compromissione epatica o renale.
L’iniezione deve essere eseguita sulla porzione dorsolaterale della parte prossimale del pene in condizioni asettiche, cambiando ogni volta il sito di iniezione e prestando attenzione ad evitare l’iniezione nella zona del setto o dell’uretra. L’erezione prolungata e/o dolorosa (priapismo) rappresenta la complicanza a breve termine più importante delle iniezioni intracavernose e si verifica nel 1% dei pazienti. Effetti collaterali a breve termine meno gravi sono rappresentati dall’ematoma e dall’infezione (2-10% dei soggetti). La fibrosi e le modificazioni simil-fibrotiche sono state riportate nel 2% dei pazienti e sono per lo più reversibili dopo la sospensione del trattamento.
Si rappresenta infine l’importanza della segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione dei medicinali, al fine di consentire un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio dei medicinali stessi. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare, in conformità con i requisiti nazionali, qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di farmacovigilanza alla sezione Reazioni avverse ai farmaci.
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