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Antibiotico-resistenza: FDA autorizza primo test che rileva marcatori genetici specifici associati a batteri resistenti ai carbapenemi - Antibiotico-resistenza: FDA autorizza primo test che rileva marcatori genetici specifici associati a batteri resistenti ai carbapenemi
Antibiotico-resistenza: FDA autorizza primo test che rileva marcatori genetici specifici associati a batteri resistenti ai carbapenemi
Nel contrasto alla diffusione dell’antibiotico-resistenza e dei suoi effetti minacciosi sulla salute umana, diversi sono i fronti d’azione su cui istituzioni, ricercatori, regolatori e aziende stanno provando ad agire. Dalla promozione di un uso sempre più responsabile e appropriato di questi medicinali, alla prevenzione delle infezioni, agli investimenti in ricerca e sviluppo su nuovi farmaci e strumenti diagnostici. In quest’ultimo campo, un’interessante novità giunge dagli Stati Uniti, dove l’FDA, sulla base dei risultati di due studi clinici, ha appena autorizzato la commercializzazione di un test di supporto per il controllo delle infezioni che analizza i campioni dei pazienti per rilevare marcatori genetici specifici associati ai batteri resistenti agli antibiotici carbapenemici.
I carbapenemi sono ampiamente usati negli ospedali per il trattamento di infezioni gravi. Sono antibiotici di ultima risorsa, che si utilizzano quando tutti gli altri non funzionano, quindi la resistenza verso questi antibiotici vuol dire non avere più a disposizione opzioni di trattamento efficaci. Questi organismi resistenti sono comunemente indicati come Enterobatteri resistenti ai Carbapenemi (CRE) e negli USA sono stati riportati in quasi tutti gli Stati. La resistenza ai carbapenemi, inoltre, continua ad aumentare in tutta Europa e l’Italia è, insieme alla Grecia, il Paese in larga parte responsabile di questo aumento, che riguarda soprattutto i ceppi di Klebsiella pneumoniae (ma anche l’Acinetobacter mostra una resistenza ai carbapenemi vicina all’80%), come risulta dalla sorveglianza sentinella dell’antibiotico-resistenza AR-ISS, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, che fornisce i dati alla sorveglianza Europea EARS-Net.
"Utilizzando un campione prelevato direttamente da un paziente per verificare la presenza di marcatori genetici, gli ospedali possono identificare più rapidamente questi pericolosi batteri resistenti a determinati antibiotici", ha dichiarato Alberto Gutierrez, direttore dell'Ufficio di diagnostica in vitro e radiologia del Center for Devices and Radiological Health.
Gli attuali metodi per identificare la colonizzazione da CRE o altri organismi resistenti si basano sui batteri che crescono da materiale fecale in coltura, che vengono poi sottoposti a test di sensibilità antimicrobica per determinare la sensibilità in vitro agli agenti antimicrobici. I metodi di coltura batterica e i test di sensibilità possono richiedere fino a quattro giorni, e spesso è richiesto anche un ulteriore test per confermare che siano presenti le carbapenemasi, enzimi che inattivano gli antibiotici carbapenemici. Il test esamina campioni prelevati direttamente da pazienti, solitamente ottenuti da tamponi rettali, per la presenza di cinque diversi marcatori genetici che sono associati con le carbapenemasi.
Il test – evidenzia l’FDA – è inteso come un supporto nel controllo delle infezioni e può essere utilizzato in combinazione con altri dati clinici e di laboratorio. Pur esaminando i geni più diffusi delle carbapenemasi associati alla resistenza agli antibiotici carbapenemici, il test non rileva i batteri, l'attività delle carbapenemasi nè altre possibili cause non enzimatiche della resistenza ai carbapenemi. Inoltre non rileva tutti i tipi di geni della carbapenemasi, ed è comunque importante analizzare i batteri per monitorare con precisione la diffusione della resistenza ai carbapenemi. I laboratori – scrive l’FDA – dovrebbero continuare a svolgere la coltura batterica standard in combinazione con il nuovo test. Inoltre sono necessarie colture concomitanti per recuperare gli organismi per la tipizzazione epidemiologica, il test di sensibilità agli antibiotici e per l'identificazione batterica di conferma.
Secondo i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC), le infezioni da CRE si verificano più comunemente nelle persone con esposizione a setting di assistenza sanitaria, come ospedali e strutture di assistenza a lungo termine. Questi tipi di infezione si verificano quindi spesso tra i pazienti in trattamento per altre gravi patologie. I pazienti che impiegano dispositivi come ventilatori, cateteri urinari o cateteri per via endovenosa e che stanno assumendo lunghi cicli di alcuni antibiotici sono tra i più a rischio di infezioni da CRE.
Pubblicato il: 07 luglio 2016