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FDA approva Xadago per il trattamento del morbo di Parkinson - FDA approva Xadago per il trattamento del morbo di Parkinson

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FDA approva Xadago per il trattamento del morbo di Parkinson

La statunitense Food and Drug Administration (FDA) ha approvato Xadago (safinamide) come terapia aggiuntiva per i pazienti con malattia di Parkinson che assumono Levodopa/Carbidopa sperimentando episodi di “off”, momenti in cui si verifica un aumento dei sintomi come tremori e difficoltà a camminare.

Secondo il National Institutes of Health (NIH) ogni anno, negli Stati Uniti, sono diagnosticati 50.000 nuovi casi di Parkinson, che affligge, complessivamente, un milione di americani. Il disturbo neurologico generalmente colpisce le persone oltre i 60 anni, quando le cellule del cervello che producono la dopamina – una sostanza che aiuta a trasmettere tra le aree del cervello i segnali che consentono movimenti regolari – si compromettono o muoiono, anche se può insorgere prima. I sintomi iniziali della malattia sono sottili e si manifestano gradualmente. In alcune persone, la progressione della malattia di Parkinson può essere più rapida.

L’efficacia di Xadago è stata dimostrata in uno studio clinico con 645 partecipanti che assumono anche levodopa. Rispetto a quanti hanno ricevuto il placebo, coloro che sono stati trattati con Xadago hanno sperimentato un tempo di “on” più prolungato, in cui i sintomi del Parkinson come la discinesia, i fastidiosi movimenti involontari incontrollati, si riducono. All’incremento del tempo di “on” si è accompagnata la riduzione degli intervalli di “off” e punteggi migliori, confrontati con quelli precedenti all’inizio del trattamento, relativamente alla misura della funzione motoria valutata durante periodi di “on”. Questi risultati sono stati confermati anche da un altro studio clinico con 549 partecipanti.

Tra i pazienti per i quali Xadago non è indicato rientrano coloro che hanno gravi problemi epatici o che assumono destrometorfano, inibitori della monoamino ossidasi (MAO), alcuni antidepressivi (ad esempio gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina, triciclici, tetraciclici, e triazolo pirimidina) o ciclobenzaprina.

Le reazioni avverse più comuni osservate sono movimenti incontrollati e involontari, cadute, nausea, disturbi del sonno o insonnia. Gravi rischi, anche se meno comuni, sono l’ipertensione, la sindrome serotoninergica quando il farmaco è utilizzato con MAO, antidepressivi o oppioidi, allucinazioni, comportamenti psicotici, compulsivi, stati confusionali, febbre e patologie della retina.


Pubblicato il: 23 marzo 2017

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