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Gli outliers da aneddoti clinici a nuovi alleati nella lotta contro il cancro? - Gli outliers da aneddoti clinici a nuovi alleati nella lotta contro il cancro?
Gli outliers da aneddoti clinici a nuovi alleati nella lotta contro il cancro?
“Outlier è un termine scientifico per descrivere cose o fenomeni che si collocano al di fuori della normale esperienza. In estate, a Parigi, ci aspettiamo che la maggior parte dei giorni sia nella fascia che va da caldo a molto caldo. Ma immaginate se si verificasse un giorno preciso a metà del mese di agosto in cui la temperatura scenda sotto lo zero. Quel giorno sarebbe un outlier. E anche se abbiamo un buon livello di comprensione del motivo per cui le giornate estive a Parigi siano calde o tiepide, sappiamo molto meno del perché una giornata d'estate a Parigi potrebbe essere gelata”.
Malcolm Gladwell, giornalista e scrittore canadese, ha definito così, sul suo sito il concetto di “outlier”, che ha dato il titolo ad un suo libro dedicato allo studio di persone “sopra la media” e dei metodi che gli hanno consentito di raggiungere risultati eccezionali e a prima vista inspiegabili.
Recentemente questo concetto sta guadagnando terreno anche nel campo della ricerca scientifica applicata allo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali. Il National Cancer Institute del governo americano ha messo a punto un programma di ricerca il cui obiettivo è l’analisi dei cosiddetti “exceptional responders”. I ricercatori del NCI esamineranno quei casi, osservati occasionalmente dalla maggior parte degli oncologi, in cui in alcuni pazienti si è verificata una risposta inaspettata al trattamento senza che vi fosse una spiegazione plausibile. La speranza è che dietro a questi valori anomali, fino ad oggi considerati aneddoti nel contesto di sperimentazioni oncologiche fallite, si nasconda la chiave di una nuova strada da percorrere per lo sviluppo di farmaci di precisione.
Qual è il motivo per cui un individuo ha risposto in maniera estremamente positiva, mentre altri pazienti, all’apparenza identici, non lo hanno fatto? Per rispondere a questa domanda è essenziale il contributo delle nuove tecnologie che consentono di sequenziare il patrimonio genomico e molecolare.
David Solit, oncologo del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, assieme ai suoi colleghi ha firmato uno studio che ha dimostrato il potenziale di questo tipo di approccio.
I risultati pubblicati dal team guidato da Solit riguardavano uno studio di fase II su 45 pazienti affetti da cancro della vescica in stadio avanzato. La sperimentazione era stata condotta per valutare l'efficacia di un farmaco, everolimus, nel ritardare la progressione della malattia, ma la risposta dei pazienti era stata così esigua da convincere gli studiosi a interrompere lo studio clinico. Ma nel gruppo era presente un “exceptional responder”. Si trattava di una donna di 73 anni con un cancro della vescica metastatico che aveva sviluppato una resistenza al trattamento standard. La paziente aveva risposto in maniera prodigiosa al trattamento e il tumore era sostanzialmente scomparso nel giro di 3 mesi.
Solit e colleghi hanno eseguito il sequenziamento dell'intero genoma (Whole Genome Sequencing – WGS) di un campione del tumore della paziente e della linea germinale derivata dal sangue. L’analisi ha evidenziato circa 17.000 mutazioni nel tumore che non avevano riscontro nelle cellule normali della donna. Un ulteriore studio di queste mutazioni potenzialmente patogene, ha evidenziato che le aberrazioni presenti in due geni, TSC1 e NF2, erano le ragioni dell’eccezionale capacità di risposta al farmaco.
I ricercatori si sono quindi dedicati allo studio dei tumori di altri pazienti e hanno concluso che queste mutazioni si verificavano solo in una minoranza del campione. Nel caso di TSC1 le mutazioni erano presenti solo in una percentuale di pazienti compresa tra il 6% e l’8%, mentre per NF2 ciò avveniva in 1 paziente su 100.
David Solit gli altri specialisti dello Sloan Kettering hanno proposto un secondo studio che andrà alla ricerca di mutazioni nei geni TSC1 e NF2 e selezionerà pazienti da arruolare in un nuovo trial di everolimus.
Inoltre stanno dando vita a un programma di profilazione nell’ambito del carcinoma della vescica per catalogare le alterazioni di TSC1 e di circa 340 geni in totale, che si presume abbiano un forte legame con la genesi del tumore.
Questo e altri casi analoghi hanno convinto il National Cancer Institute a istituire un intero programma dedicato alle “risposte eccezionali”. Entro la fine dell'anno l’istituto effettuerà una richiesta di “casi candidati” per dare vita ad un’attività di revisione che abbraccerà l’intera gamma delle patologie oncologiche, aperta a ricercatori del mondo accademico, dell’industria e ai medici.
I ricercatori potranno quindi inviare campioni tumorali che verranno sottoposti inizialmente al sequenziamento dell’esoma, che comprende circa l’1% del genoma e l’85% delle mutazioni associate alle patologie.
Come ricorda lo stesso Solit “in passato, abbiamo dovuto esaminare un gene alla volta, ma grazie alle nuove tecnologie, possiamo sequenziare l'intero genoma, o almeno l'intero esoma. Usando queste tecniche, mi aspetto che si possa capire perché la risposta di questi pazienti a una particolare terapia è unica”.
"Non abbiamo mai pensato a questo approccio come a qualcosa che andasse al di là di uno studio di fattibilità" ha affermato a Nature Barbara Conley, direttore associato del Programma di diagnosi tumorale del NIC. "Ma avendo a disposizione queste capacità di analisi genomica che ci permettono di analizzare a fondo gli elementi di diversità all’interno del DNA tumorale dei responder eccezionali, dobbiamo capire se possiamo effettuare progressi nella capacità di assicurare il farmaco giusto al paziente giusto".
La sfida è di quelle di portata eccezionale e sono molti gli ostacoli ancora da superare.
“Naturalmente” sottolinea David Solit “rimane una certa complessità, ad esempio alcuni pazienti possono presentare un numero elevato di mutazioni e alcuni farmaci possono colpire più bersagli diversi tra loro, rendendo difficile l’individuazione della base genomica che determina la sensibilità ad un medicinale”.
Alcune difficoltà sono strettamente connesse alla caratteristiche specifiche delle neoplasie. I tumori ospitano migliaia di mutazioni e sono talmente eterogenei da rendere complicato il compito di ordinarli e catalogarli. Inoltre i campioni presenti nelle biobanche potrebbero non contenere le mutazioni rilevanti o, semplicemente, alcune risposte al trattamento potrebbero essere dovute a fattori biologici estranei alla malattia.
Se la ricerca sarà in grado di rendere più semplice l’identificazione di una piccola sottopopolazione che mostra eccezionali capacità di risposta ai farmaci con ogni probabilità crescerà anche l’interesse da parte dell’industria o dei programmi di ricerca pubblici nello sviluppo di farmaci per gruppi estremamente ridotti di pazienti.
“Credo che l’analisi approfondita degli outliers” ha affermato Solit “diventerà una componente standard del nostro modo di sviluppare farmaci. Continueremo a essere delusi da un farmaco che non riesce a raggiungere il suo endpoint primario e si dimostra inefficace nella maggior parte dei pazienti. Dobbiamo, però essere sicuri di non perdere l'opportunità di continuare a sviluppare farmaci che mostrino una profonda attività in un sottogruppo di pazienti”.
Alessandro Faia e Luca Pani
Leggi l’articolo di Nature
Approfondisci lo studio di Solit et al
Pubblicato il: 10 giugno 2014