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L’appropriatezza prescrittiva da un’analisi sui MMG - L’appropriatezza prescrittiva da un’analisi sui MMG

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L’appropriatezza prescrittiva da un’analisi sui MMG

L’analisi Health Search del Rapporto OsMed sull’uso dei farmaci in Italia nel 2011, condotta su un campione di 700 medici di medicina generale, ha consentito di valutare l’appropriatezza prescrittiva nel periodo 2010-2011 su una popolazione di circa 930.000 pazienti di età superiore ai 14 anni, per alcune particolari condizioni cliniche e il relativo impiego dei farmaci indicati per il loro trattamento.

Di seguito i principali aspetti osservati.

Farmaci per la prevenzione del rischio cardiovascolare

Le malattie cardiovascolari rappresentano in Europa la maggiore causa di decesso: il 43% sono uomini ed il 55% donne. In Italia l’onere finanziario dovuto ai costi sanitari, alla produttività persa e alle cure informali equivale ad un costo pro capite di 235 euro all’anno, pari a circa il 10% della spesa sanitaria complessiva nazionale. [1] Tuttora si stima che circa l’80% degli eventi cardiovascolari che insorgono prima dei 75 anni è prevenibile. L’identificazione dei soggetti ad elevato rischio cardiovascolare rappresenta pertanto uno degli obiettivi principali della prevenzione e costituisce la premessa necessaria per poter ridurre i fattori di rischio sui quali è possibile intervenire, dal cambiamento dello stile di vita all’intervento farmacologico.

L’analisi ha mostrato che l’aderenza al trattamento con farmaci per l’ipertensione e lo scompenso cardiaco risulta pari al 58,8% del totale dei pazienti ipertesi trattati nel 2011, in calo del 3,1% rispetto al 2010. La non-aderenza alla terapia farmacologica esercita un duplice effetto sui costi sanitari, sia come conseguenza del costo di una prescrizione non efficace, sia in relazione ad una mancata riduzione dell’incidenza di eventi cardiovascolari.

Dall’analisi regionale emerge che la Liguria presenta le stime di aderenza più basse per tutte le indicazioni cliniche considerate (53,8%), mentre sono Marche e Umbria le Regioni più virtuose (63,7%). L’aderenza appare particolarmente legata sia al genere, essendo maggiore nei maschi in tutte le patologie considerate, sia all’età, dove viene raggiunto il livello massimo nella fascia 66-75 anni. Inoltre, sebbene non vi siano tuttora solide evidenze sulla loro efficacia nel ridurre l’incidenza di infarto del miocardio e mortalità cardiovascolare, resta sempre alto il consumo di sartani, con un aumento dello 0,9% rispetto al 2010.

Farmaci per la depressione

Indipendentemente dall’antidepressivo utilizzato (SSRI o antidepressivi triciclici), le linee guida raccomandano un trattamento di almeno 6 mesi nei pazienti affetti da depressione, in virtù dell’alto rischio di recidiva a cui si attribuisce gran parte dei costi economici e sociali della depressione. Precedenti studi osservazionali hanno tuttavia dimostrato che quasi il 50% dei pazienti in trattamento con antidepressivi sospende il trattamento nei primi tre mesi di terapia ed oltre il 70% nei primi 6 mesi. Nello specifico, l’analisi Health Search tra i pazienti in terapia antidepressiva nel corso del 2011, ha osservato un’aderenza al trattamento del 24,6%, valore molto basso e in diminuzione del -1,4% rispetto all’anno precedente. Le realtà con la maggior percentuale di soggetti aderenti al trattamento antidepressivo sono state Bolzano/Trento/Friuli VG, al contrario, quelle con la percentuale più bassa sono risultate Basilicata/Calabria. Le analisi per genere e per fasce d’età non mostrano particolari differenze, ad eccezione di un lieve aumento della aderenza nei soggetti più giovani (25,2% nei ≤45 anni) e di sesso femminile (24,9%).

Le linee guida di terapia della depressione raccomandano di evitare l’uso degli antidepressivi triciclici negli anziani a causa del maggior rischio di reazioni avverse. L’analisi sui farmaci antidepressivi ha evidenziato che nel 2011 la prevalenza d’uso di antidepressivi triciclici nella popolazione anziana è del 6,6%, in calo rispetto al 2010 (-0,5%). Tale diminuzione è visibile in quasi tutte le Regioni, tuttavia si rileva una maggiore prevalenza d’uso al Centro (8,0%) e al Sud (7,0%) e una minore al Nord (5,9%). L’impiego dei triciclici nella popolazione anziana è superiore nelle donne rispetto agli uomini (7,0% vs 5,5%) e nella fascia d’età 66-75 anni rispetto agli ultra 75enni (7,8% vs 5,7%). In questo scenario, oltre agli specialisti, i medici di medicina generale giocheranno un ruolo di primo piano, in quanto circa il 50% dei pazienti affetti da depressione sono presi in carico da questi ultimi.

Farmaci antibiotici ad ampio spettro

Le condizioni cliniche per le quali si osserva più frequentemente l’impiego di antibiotici sono le infezioni acute delle vie respiratorie e le infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie. Le prime rappresentano una delle maggiori cause di morbosità e di mortalità nel mondo e rappresentano circa il 75% degli interventi medici nella stagione invernale ed un quarto del carico di lavoro complessivo presso gli ambulatori di medicina generale. Ricerche epidemiologiche indicano che la metà della popolazione è colpita annualmente da almeno un episodio di infezione delle vie respiratorie e che polmoniti e bronchiti rappresentano rispettivamente il 20% ed il 13% delle cause di morte dei soggetti ultra 55enni ad “elevato rischio”. Si stima invece che in un anno circa il 12% delle donne vada incontro ad un episodio di infezione delle vie urinarie e che circa la metà delle donne ne soffra almeno una volta durante la propria vita, un quarto delle quali con episodi ricorrenti. L’uso inappropriato degli antibiotici non rappresenta soltanto un problema di costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ma soprattutto un problema di sanità pubblica, poiché favorisce l’insorgenza di resistenze batteriche con progressiva perdita di efficacia di tali farmaci.

E’ possibile ricostruire alcuni scenari clinici che con buona probabilità non giustificano l’uso di antibiotici e/o di specifiche categorie terapeutiche: le infezioni delle vie respiratorie, ad esempio, hanno per oltre l’80% dei casi una causa virale e non batterica e pertanto gli antibiotici non sono efficaci per trattarle.

Gli indicatori di appropriatezza sugli antibiotici ad ampio spettro hanno evidenziato che nel 2011 vi è stata una prevalenza d’uso per influenza, raffreddore comune e laringotracheite acuta pari al 40,1%, in diminuzione del -3,8% rispetto all’anno 2010, differenza più marcata nei soggetti più giovani ma in lieve aumento per le fasce più anziane.

Farmaci antiinfiammatori

Le condizioni di dolore persistente di maggiore riscontro in medicina generale riguardano l’apparato muscolo-scheletrico, in particolare l’osteoartrosi che colpisce circa 4 milioni di persone in Italia, e che rappresenta da sola quasi i 2/3 delle malattie osteoarticolari. Per il trattamento di queste affezioni vengono impiegati farmaci analgesici sulla base della loro potenza antidolorifica: farmaci non oppioidi (dolore lieve), oppioidi minori (dolore moderato) e oppioidi maggiori (dolore grave). I farmaci non oppioidi per il dolore lieve sono rappresentati dal paracetamolo e dai FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei). L’efficacia di questi farmaci nel controllare il dolore è ormai comprovata, infatti il loro impiego è indicato nel trattamento sintomatico di patologie reumatiche acute e croniche quali l’artrite reumatoide, l’artrosi e in tutte le infiammazioni dell’apparato muscolo-scheletrico. Inoltre, questi farmaci sono impiegati per alleviare dolori di lieve o moderata intensità quali, ad esempio, quelli da post-partum o conseguenti all’effettuazione di piccoli interventi chirurgici, cefalee, dolori mestruali, odontalgie. I FANS rappresentano una categoria terapeutica largamente impiegata; il loro consumo a carico del SSN in Italia è di circa 26 dosi ogni mille abitanti al giorno, a cui si aggiunge una quota elevata a carico del cittadino. Il loro uso tuttavia è connesso a diversi problemi di sicurezza, come danni a carico dello stomaco, del fegato e dei reni e rischio cardiovascolare. Poiché la tossicità di tali farmaci è legata al loro dosaggio, non è raccomandato un uso prolungato e a dosi elevate.

Su tali premesse, l’analisi ha valutato proprio una quota di soggetti a maggior rischio di eventi cardiovascolari, gastrici, epatici e renali che sono stati esposti al trattamento con FANS per un periodo maggiore ai novanta giorni in un anno. In tutti i casi la percentuale è più alta nel sesso femminile e nella fascia d’età 66-75 anni e le stime più alte si registrano nelle Regioni del Sud Italia.



[1] Fonte: European Cardiovascular Disease statistics (2008) del European Heart Network (EHN), dati 2006, http://www.ehnheart.org/.


Pubblicato il: 09 luglio 2012

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