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Anticorpi monoclonali e le nuove copie “a piccole molecole”. Un’analisi su Nature - Anticorpi monoclonali e le nuove copie “a piccole molecole”. Un’analisi su Nature

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Anticorpi monoclonali e le nuove copie “a piccole molecole”. Un’analisi su Nature

L’ondata di farmaci biologici quali gli anticorpi monoclonali (mAb) che negli ultimi due decenni hanno invaso con successo il mercato farmaceutico mondiale non ha smorzato l’interesse nei riguardi dei medicinali sintetizzati chimicamente, piuttosto ha stimolato un ambito di ricerca indirizzato verso nuove “piccole molecole” che sembrano in grado di riprodurre alcune funzioni degli mAb.

Nell’editoriale “Chemical biology: How to minimalize antibodies”, pubblicato su Nature, Christoph Rader (Departments of Cancer Biology and Molecular Therapeutics, The Scripps Research Institute, Jupiter, Florida) propone un quadro dello stadio attuale della ricerca in questo campo, analizzando vantaggi e svantaggi di queste nuove molecole rispetto agli mAb, ed evidenziando che un fondamentale passo in avanti è stato compiuto con la sintesi chimica di piccole molecole che reclutano cellule immunitarie per attaccare le cellule tumorali.

Sono più di 30 gli anticorpi monoclonali in commercio per il trattamento del cancro, delle malattie autoimmuni e di altre patologie gravi, e quasi altrettanti sono in fase avanzata di sperimentazione clinica. Almeno cinque anticorpi monoclonali hanno prodotto ciascuno più di 5 miliardi di dollari di fatturato annuo. Le piccole molecole che imitano le proprietà farmacologiche degli anticorpi monoclonali hanno quindi il potenziale per diventare farmaci altamente competitivi. Rader riporta, in proposito, l’articolo “Chemically Synthesized Molecules with the Targeting and Effector Functions of Antibodies” pubblicato sul Journal of American Chemical Society da McEnaney e colleghi, in cui gli Autori sembrano fornire la prova che si tratti di un obiettivo raggiungibile. L’articolo riporta la progettazione, la sintesi e la valutazione di una nuova classe di molecole di dimensioni intermedie (circa 7000 Da), che possiedono sia la funzione di riconoscimento dell’antigene che le funzioni effettrici proprie degli anticorpi. Questi anticorpi sintetici avrebbero il potenziale di combinare i vantaggi delle piccole molecole e delle terapie biologiche e sarebbero in grado di far fronte a molti inconvenienti associati ai trattamenti attualmente disponibili per il cancro e per altre malattie.

“Il successo degli anticorpi monoclonali, come prodotti farmaceutici è notevole, data la dimensione, la composizione e l’eterogeneità (gli anticorpi monoclonali sono popolazioni di molecole simili, ma non identiche) – scrive Rader – Sono più di 100 volte più grandi dei farmaci convenzionali a piccole molecole prodotti utilizzando la sintesi chimica, e richiedono pertanto una sintesi biologica più costosa e meno precisa. Gli anticorpi a forma di Y si sono evoluti come una pietra miliare del sistema immunitario dei vertebrati. Essi possono legarsi selettivamente e strettamente alle molecole estranee con le loro due regioni Fab (frammento legante l’antigene) (funzioni di targeting) e reclutare le componenti del sistema immunitario ospite con la loro regione Fc (frammento cristallizabile) (funzioni effettrici).

Inoltre, la regione Fc media il ricircolo della molecola anticorpale, con conseguente sua ritenzione nel sangue (prolungandone l’emivita circolatoria). Nel trattamento del cancro, gli mAb usano la loro struttura tripartita per trasportare le cellule immunitarie in prossimità delle cellule tumorali. Queste tre caratteristiche principali delle molecole anticorpali conferiscono agli anticorpi monoclonali proprietà farmacologiche che sono ineguagliate dalle piccole molecole. – prosegue l’Autore – Ma la complessità degli anticorpi monoclonali ha reso complessa alle aziende concorrenti la produzione di versioni generiche dei farmaci di marca e rallentato la produzione di versioni simili (è stato appena approvato dall’EMA il primo biosimilare di un anticorpo monoclonale per il trattamento di: malattia di Crohn, colite ulcerosa, artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artrite psoriasica e psoriasi), fornendo un forte incentivo agli investimenti per le aziende farmaceutiche, ma aumentando potenzialmente i costi dell’assistenza sanitaria.

Al contrario – scrive Rader – le piccole molecole che imitano gli mAb avrebbero costi di produzione inferiori e permetterebbero la concorrenza dei generici. E a differenza degli anticorpi monoclonali, che spesso innescano la risposta immunitaria nei pazienti, le piccole molecole non sono immunogeniche. Inoltre, possono penetrare tessuti e cellule in modo più efficiente, raggiungere siti nascosti, inaccessibili agli mAb, nelle molecole bersaglio, essere somministrati per via orale e hanno una durata maggiore.  

La scoperta e lo sviluppo di peptidi, peptidomimetici e altre piccole molecole che hanno una specificità e affinità per bersagli biologici paragonabili a quelle degli mAb sono stati decisivi negli sforzi per sostituire gli mAb con piccole molecole. – spiega l’Autore – Per far sì che esse abbiano le funzioni effettrici e l’emivita circolatoria prolungata degli mAb, queste piccole molecole sono state progettate per ancorarsi agli anticorpi sia in vitro, ottenendo anticorpi programmati chimicamente, che in vivo, producendo molecole che reclutano anticorpi. Sebbene le molecole ibride risultanti combinino diversi dei vantaggi degli mAb e delle piccole molecole, la loro componente biologica restringe comunque la portata della loro componente chimica.

A questo punto la domanda è se le piccole molecole possano copiare le proprietà farmacologiche mediate dal Fab e dall’Fc degli anticorpi monoclonali. Ciò sarebbe teoricamente possibile se le piccole molecole che mimano il Fab potessero essere fuse ad altre piccole molecole che si legano ai recettori Fc. McEnaney e colleghi – afferma l’Autore – sembrano fornire questo anello mancante. Hanno usato la sintesi chimica per combinare una piccola molecola nota che mima il Fab che si lega a un recettore sulla superficie cellulare sulle cellule cancerose della prostata, con un noto peptide ciclico che mima l’Fc, che si lega selettivamente a un recettore Fc chiamato CD64 sulle cellule immunitarie. Il composto che risulta simula due delle tre principali caratteristiche naturali degli anticorpi.

Collegare due recettori della superficie cellulare è un compito arduo per una piccola molecola. Richiede un linker tra i componenti che mimano Fab ed Fc di lunghezza, solubilità e rigidità sufficienti. McEnaney e colleghi hanno calcolato mediante un modello informatico che sarebbe stato necessario meno di un terzo della distanza presente tra le regioni Fab e Fc in un anticorpo per dirigere contemporaneamente i recettori sulle due diverse cellule, e hanno usato queste informazioni per progettare il loro linker. Hanno anche scoperto che due copie di ciascuna componente che mima Fab ed Fc sono essenziali per la mediazione efficiente delle funzioni di targeting ed effettrici in vitro. Il risultato è stato una molecola quadrilaterale  analoga agli anticorpi tripartiti per composizione e funzione, ma 20 volte più piccola, omogenea (tutte le molecole sono uguali) e generata rapidamente per sintesi chimica. McEnaney e colleghi hanno osservato che questo composto induce le cellule immunitarie a fagocitare e ingerire le cellule tumorali della prostata in vitro.

Anche se gli studi di validazione in vivo devono ancora essere effettuati, sembra che McEnaney e colleghi abbiano compiuto un passo fondamentale verso l'ottenimento di piccole molecole che mimano gli anticorpi, evitando alcune delle criticità dei farmaci biologici. “Ma molto resta ancora da fare. Innanzitutto – spiega Rader – la molecola quadripartita è di circa 7 kilodalton, dimensioni sostanzialmente inferiori rispetto agli anticorpi, ma ancora più grandi dei farmaci convenzionali a piccole molecole (meno di 1 kDa), il che limita la maggior parte dei potenziali vantaggi descritti in precedenza. Tuttavia, il peso molecolare può essere plausibilmente ridotto sostituendo il peptide ciclico che mima Fc, relativamente grande, con un peptidomimetico o un’altra piccola molecola. Inoltre, una copia sintetica di dimensioni intermedie potrebbe essere positiva, perché l'accesso incontrollato di piccole molecole in qualsiasi ambiente intra ed extracellulare potrebbe renderne imprevedibili i profili di attività e tossicità.

In secondo luogo, la componente che mima Fc della copia sintetica dell'anticorpo si lega a un solo tipo di recettore Fc (CD64), mentre gli anticorpi naturali e gli mAb si legano ad altri recettori Fc, tra cui CD16 e CD32, su una varietà di cellule effettrici funzionalmente differenti. Inoltre, la regione Fc degli anticorpi innesca l’attivazione della cascata del complemento, che è un ulteriore meccanismo di distruzione delle cellule bersaglio, e media anche gli effetti dell’emivita circolatoria prolungata – il che generalmente è difficile da ottenere con le piccole molecole. Anche così, le copie sintetiche degli anticorpi che si legano a un solo tipo di recettore Fc potrebbero consentire di perfezionare le funzioni effettrici. Il disegno modulare versatile delle molecole di McEnaney e colleghi – prosegue l’Autore – permetterà anche di adattare le loro proprietà mediante sintesi chimica, ad esempio, includendo un peptide o peptidomimetico che viene mantenuto nel sangue legandosi all’albumina circolante.

In terzo luogo, le piccole molecole che mimano Fab hanno ancora una portata limitata rispetto agli anticorpi monoclonali, che possono essere generati e si sono evoluti per legarsi a quasi tutti i recettori della superficie cellulare in modo selettivo e stretto. Tuttavia, la nostra capacità di generare e indagare grandi librerie chimiche, che sono strutturalmente molto più diversificate rispetto alle librerie biologiche, ha offerto l'accesso a un numero crescente di piccole molecole in grado di competere con gli anticorpi monoclonali in termini di specificità e affinità.

Nel frattempo, ovviamente, i sostenitori dei farmaci biologici non sono rimasti a guardare. Gli ingegneri di anticorpi – scrive Rader – hanno generato una grande varietà di molecole di anticorpi che hanno migliorato le funzioni di targeting ed effettrici. Ad esempio, una nuova classe di anticorpi 'bispecifici' può reclutare e attivare le cellule T, cellule effettrici particolarmente potenti che non possono direttamente legarsi ad anticorpi naturali e anticorpi monoclonali. Anche se non miniaturizzati come le copie sintetiche degli anticorpi, questi anticorpi bispecifici sono tre volte più piccoli degli mAbs e possono essere clinicamente potenti, sicuri e redditizi, come dimostrato da blinatumomab, un antitumorale di recente commercializzazione. Curiosamente, però, le copie sintetiche degli anticorpi potrebbero essere copie migliori di questi farmaci biologici che legano cellule T- rispetto agli anticorpi monoclonali convenzionali, perché i farmaci biologici si legano a un solo tipo di recettori delle cellule effettrici (CD3) e non hanno bisogno di un’emivita circolatoria prolungata. Tutto considerato – conclude Rader – le copie sintetiche degli anticorpi hanno il potenziale per diventare una nuova classe di prodotti farmaceutici.


Published on: 26 February 2015

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