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Biosimilari, equivalenza terapeutica e libertà di scelta del medico. Per AIFA il lavoro quotidiano è dare risposta ai pazienti

La sfida che il progresso scientifico e tecnologico ci pone oggi, come agenzie regolatorie, nel governare un mondo complesso come quello del farmaco, è coniugare con sempre maggiore efficienza innovazione, accesso alle terapie e sostenibilità.

In quest’ottica l’AIFA è chiamata a contribuire alla tutela della salute attraverso i medicinali, a garantire unitarietà ed omogeneità del sistema farmaceutico e a favorire l’equilibrio economico della spesa farmaceutica, requisito fondamentale per contribuire alla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

Un Servizio Sanitario Nazionale che non riuscisse a fornire ai i suoi cittadini, a partire dagli indigenti, l’accesso ai farmaci essenziali tradirebbe infatti la sua stessa missione (sancita dalla legge istitutiva del SSN n. 833 del 23 dicembre 1978).

L’attività regolatoria dell’Agenzia deve rappresentare, nel contesto del nostro sistema sanitario, una garanzia di sostenibilità e omogeneità delle prestazioni dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e un supporto tecnico-scientifico per le decisioni che vengono assunte ai diversi livelli (regionale e locale) e nella stessa pratica clinica. AIFA in nessun caso può sostituirsi al medico, che prescrive sempre secondo scienza e coscienza, avendo come primo obiettivo la salute del suo paziente, la risposta al suo bisogno, e quindi l’efficacia, la sicurezza e l’appropriatezza della sua terapia.

Sorprendono pertanto alcune obiezioni di principio che recenti decisioni di AIFA ispirate a questi principi hanno sollevato. Mi riferisco al position paper sui medicinali biosimilari – in cui l’Agenzia dichiara di considerare i biosimilari intercambiabili con i biologici di riferimento, tanto per i pazienti naïve, quanto per i pazienti già in terapia – e alla più recente determina sull’equivalenza terapeutica, che definisce i criteri adottati da AIFA per valutare l’equivalenza terapeutica tra farmaci con la stessa indicazione ma principi attivi diversi.

Entrambi i provvedimenti hanno un comune obiettivo: ampliare la platea di pazienti che possono avere accesso a farmaci necessari, favorendo una maggiore concorrenza e una migliore allocazione delle risorse, sempre nel pieno rispetto della libera scelta prescrittiva del medico e della specificità di ogni singolo paziente.

Ricordo, ad esempio, che fornire alle regioni valutazioni “motivate e documentate” ai fini di eventuali decisioni basate sull’equivalenza terapeutica è un preciso mandato assegnato all’AIFA dal legislatore (legge n. 135/2012) e che la Commissione consultiva Tecnico Scientifica (CTS) dell’Agenzia ha già esaminato diverse richieste di questo tipo pervenute negli anni dalle Regioni.

Rendere pubblici i criteri che AIFA adotta per queste valutazioni è quindi un atto di trasparenza. Basterebbe poi andare un po’ più a fondo nella lettura del documento per comprendere che l’approccio adottato è ispirato al rigore scientifico e non pregiudica né la salute dei pazienti né la libertà di scelta del medico prescrittore.

Per poter essere valutati in funzione dell’equivalenza terapeutica, due o più farmaci devono intanto possedere una serie di requisiti che riguardano le indicazioni terapeutiche, le prove di efficacia, la via di somministrazione, lo schema posologico, l’esperienza d’uso. Deve essere inoltre prodotta una relazione in cui un gruppo di lavoro multidisciplinare, che include i medici prescrittori, può identificare tra l’altro le condizioni per le quali un principio attivo sia più indicato rispetto a un altro.

L’Agenzia dà inoltre modo alle aziende di presentare eventuali studi e commenti che possano aggiungere elementi utili alla valutazione. Nelle gare di equivalenza per gli acquisti centralizzati di farmaci le regioni devono comunque riservare una quota minima del 20% per sottopopolazioni di pazienti che necessitano di uno specifico principio attivo tra quelli in gara.

Ricordo che lo scorso marzo, alcune regioni – Emilia Romagna, Lombardia e Veneto – hanno sottoscritto con il Governo accordi per l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia, in cui, tra i vari punti, emerge il tema dell’equivalenza terapeutica. In particolare viene previsto che le valutazioni tecnico-scientifiche sottoposte ad AIFA che non trovino riscontro da parte dell’Agenzia entro 180 giorni possano essere utilizzate dalle Regioni per assumere le proprie determinazioni basate sull’equivalenza terapeutica.

Fare quindi riferimento a un parere obbligatorio e vincolante, fornito dall’autorità nazionale competente, è una garanzia di uniformità e di accesso equo alle prestazioni, che rassicura medici e pazienti.

Trattare con le terapie più appropriate un maggior numero di pazienti e risparmiare risorse da re-investire nell’innovazione e nel sistema, basandosi sulle evidenze scientifiche e sull’esperienza clinica e sempre nel rispetto della libera scelta prescrittiva del medico, è l’obiettivo.

Ricordiamoci sempre che il futuro è consapevolezza concreta del presente. L’utile e il funzionale per garantire risposte concrete ai bisogni dei pazienti che devono ricevere la terapia appropriata, sulla base delle linee guida condivise dalla Comunità Scientifica nazionale e internazionale nel miglior rapporto costo-beneficio.

Mario Melazzini


Pubblicato il: 07 giugno 2018

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